domenica 15 marzo 2009

venerdì 13 marzo 2009

Tecniche di plagio

Oggi spesso viene utilizzata la parola plagio per indicare l'appropriazione della paternità di opere altrui limitandone il suo uso solo al contesto che riguarda i diritti d'autore, ma la stessa parola ha anche un altro significato che racchiude in un solo termine il processo di manipolazione che influenza in modo determinante il comportamento e la personalità di un individuo riducendolo in completo stato di soggezione. Significato che sfugge alla memoria collettiva perchè nel 1981 venne abolito l'art. 603 del codice penale che puniva questo tipo di abuso.
La decisione fu presa evidentemente per la difficile applicabilità della legge scritta in modo sommario ed equivocabile ma tuttavia non venne in nessun altro modo sostituita lasciando un vuoto legislativo che ha permesso al fenomeno di proliferare fino a sfociare in organizzazioni e comportamenti che identifichiamo con il nome di setta.
Per sopperire a questa mancanza si cerca spesso di far ricadere il plagio nei casi previsti dall'articolo 643 del codice penale e cioè la circonvenzione di incapace che rientra però tra i delitti contro il patrimonio al pari della frode che non è la stessa cosa.
Nel 2004 la commissione Giustizia del Senato approvò all'unanimità il nuovo articolo 613 bis del Codice Penale, che introduceva sanzioni severe contro la manipolazione mentale e sarebbe ricaduto nei delitti contro la libertà individuale ma ancora una volta il testo era troppo ambiguo e generico per trovare consensi e anche se non divenne mai legge dimostrò comunque l'esigenza di una regolamentazione in tal senso.
Quello sul plagio è un dibbattito scottante e spinoso che si presta a diverse interpretazioni e che molti vorrebbero tirare dalla loro parte utilizzandolo a proprio favore o contro questa o quella religione ed è quindi da affrontare con tranquillità pacatezza e onestà individuando l'entità di teniche specifiche che producono malessere e soggezione e distruggono la personalità dell'individuo.
Nei rapporti sociali che intercorrono tra gli individui normalmente si cerca di esporre e far valere le proprie idee ma non per questo siamo tutti plagiatori.
Anche nei rapporti di tipo istituzionale e religioso come tra insegnante alunno, padre figlio, sacerdote e credente ad esempio si crea una condizione di superiorità in una delle figure ma non per questo possiamo ritenere che siano passibili di denuncia.
Come individuare allora il limite che segna la differenza tra legalità e reato senza incappare nel retaggio dello spirito fascista in cui originariamente è nata la legge?
Se è vero che la legge in quel contesto sociale e politico impediva in un certo senso il diffondersi di nuovi modelli di pensiero la stessa assenza oggi non potrebbe favorire l'imposizione di un nuovo pensiero unico?
In poche parole se prima era troppo ora non è troppo poco?
Al di la del senso politico che si può dare alla parola plagio ne esiste uno umano che va affrontato e discusso perchè quanto mai attuale e tristemente documentato.
Anche se le leggi fatte fino ad ora erano generiche e improponibili infatti non significa che la gravità del fenomeno non esista.
Sicuramente ci sono degli aspetti che oltre ad essere disonesti immorali e contro qualsiasi valore umano si realizzano necessariamente nel plagio e aiutano nell'individuazione della responsabilità e quindi nella conseguente attribuzione della colpa.
Fondamentali quindi potrebbero essere :
La consapevolezza delle tecniche che si stanno usando contro chi non ne è a conoscenza.
La totale assenza di spontaneità.
La premeditazione occulta del proprio comportamento.
L'abuso volontario della superiorità culturale.
La ripetività ossessiva nel tempo di questi aspetti.
Anche se queste caratteristiche sono difficili ma non impossibili da dimostrare le tecniche sono quasi sempre le stesse e quindi facilmente individuabili con un po' di esperienza fornita da associazioni come questa dalla quale ho preso spunto per questo post.